Archivio Fotografico Viggiano - Archivio storico dei Sassi

Archivio della Memoria Storica dei Sassi
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Archivio della Memoria Storica dei Sassi
Archivio
Fotografico
di
Augusto
Viggiano
Il racconto di una vita
in 44 mila immagini,
oggi patrimonio comune





ARCHIVIO FOTOGRAFICO AUGUSTO VIGGIANO
Struttura, composizione, valutazioni



STRUTTURA
L’archivio si compone di tre tipi di supporti:
  • diapositive formato 24x36 mm, diapositive formato 6x7 cm per un totale circa 13912 originali;
  • negativi bianco/nero con provinatura: per un totale di 3989 negativi;
  • negativi bianco/nero senza provinatura suddivisi in negativi 24x36 mm,  negativi formato 6x6cm e negativi formato 6x7 cm. per un totale di 26766 negativi.

Totale complessivo dell’Archivio fotografico: circa 44667 fotogrammi.

COMPOSIZIONE
L’archivio si presenta variegato e può suddividersi in 5 tronconi principali: Matera e Basilicata, periodo romagnolo, Alta murgia, parenti e amici, varie.

Matera e Basilicata (circa il 35%del totale).
Sassi e chiese rupestri (circa 25% del totale) La raccolta di immagini sui Sassi negli anni 73-75 (circa il 15% del totale) ha un fascino indiscutibile e una indubbia valenza artistico-storica. Viggiano è stato uno dei pochi se non l’unico a fotografare i Sassi in maniera sistematica dopo il totale abbandono e con un sapiente bianco nero ha saputo cogliere gli aspetti più intimi e nascosti di questi rioni. Le inquadrature non sono mai
banali e ci fanno toccare l’essenza e l’anima di questi posti. Queste immagini hanno un indubbio valore storico visto il profondo cambiamento degli ultimi 40 anni e ci mostrano quello che mai più sarà.
Importante anche la parte dedicata alle chiese rupestri (circa il 10% del totale) in cui l’autore si sofferma molto sull’iconografia e meno sull’ architettura dei luoghi. Interessanti alcuni scatti a Madonna de Idris durante l’asportazione degli affreschi una volta presenti sulla facciata dell’ingresso a sinistra. Per il periodo in cui sono stati fotografati, 1975-1976, gli affreschi delle chiese rupestri hanno un importante valore documentale specie se raffrontati alle loro condizioni attuali a testimonianza degli interventi di recupero realizzati. La parte sicuramente più interessante di tutto l’archivio, oltre alle immagini dei Sassi, è la visita di Carlo Levi ad Aliano nel dicembre 1974, in occasione della presentazione di una cartella di disegni a Matera nella sede della Camera di Commercio. In questo reportage è ritratto Levi che parla tra la gente del posto, nonché immagini di donne e contadini del paese in contesti socio-ambientali di particolare interesse artistico e antropologico. Di pari livello sono gli scatti effettuati durante i funerali di Levi nel gennaio 1975 seguiti da Roma e ad Aliano; reportage completo ed esaustivo che contiene inoltre alcuni scatti della pausa ad Eboli in cui si intravede la sorella di Levi che parla ad una scolaresca. Ancora interessante e di valore storico per Matera e la Basilicata sono i negativi relativi ai set cinematografici di “L’albero di Guernica” e “ Cristo si è fermato ad Eboli”. In Cristo si è fermato ad Eboli sono ripresi sia il regista Francesco Rosi che l’ interprete Gian Maria Volontè. Altri negativi di sicuro valore sono quelli del pittore Ortega ritratto nel suo studio (1975).
Di interesse anche i negativi della mostra di Leonardo Sinisgalli, presente l’autore a Matera nel1979. Da prendere in considerazione anche gli scatti della visita di Spadolini a Matera nel 1981 e della visita del Presidente Oscar Luigi Scalfaro nel 1995.

Basilicata.
Sono presenti vari paesi con scatti di vedute generali e di palazzi e monumenti. Più interessanti gli affreschi della Cripta di S. Francesco a Irsina e della cripta di S. Lucia e S. Margherita a Melfi, fotografati negli anni ‘70 che costituiscono documentazione di raffronto con l’attuale condizioni di tali affreschi.
Feste popolari di Basilicata. Anni di realizzazione: seconda metà anni settanta.
Le immagini si riferiscono alle seguenti feste popolari: Maggio di Accettura (circa 1900 scatti), Madonna di Viggiano (circa 200 scatti), Madonna del Carmine di Avigliano (circa 100 scatti), riti della Settimana Santa nel Vulture (circa 500 scatti), Madonna della Bruna (circa100 scatti), S. Rocco a Montescaglioso (circa 100 scatti) Santi Medici a Montescaglioso (meno di 100 scatti). In questa sezione fotografica risulta evidente ed innegabile un valore storico e antropologico. Questo blocco di negativi è di assoluta rilevanza e rivela tutta la fede religiosa del popolo lucano, nonché la mano artistica dell’autore che ha saputo sapientemente cogliere alcuni aspetti di alto valore spirituale, umano e antropologico di queste popolazioni in un periodo di passaggio tra le antiche tradizioni e la modernità digitale. Popoli e costumi che non rivedremo mai più se non nelle stupende immagini del suo autore.

Periodo romagnolo (circa il 15%del totale).
L’autore ha fotografato sculture, dipinti o interni di musei nonchè paesaggi e borghi della provincia di Bologna.

Parenti e amici (circa il 15% del totale).

Alta murgia (circa il 15% del totale).
L’autore documenta con scrupolosità il paesaggio, la vegetazione, le masserie, gli attrezzi di lavoro dei campi, gli jazzi, i casolari, i sistemi di raccolta delle acque, ovili, recinzioni e muri a secco, particolari architettonici, e molto altro. Ha dato un’ ampia visione di quello che sono i resti di una civiltà contadina e di pastori di cui si stanno perdendo le tracce. Tutto il lavoro è svolto a colori e rivela la capacità dell’autore di cogliere gli aspetti più intimi e nascosti di un mondo fatto di pietra, in cui la pietra è piegata al servizio dell’uomo e in cui l’uomo diventa parte integrante del paesaggio. Anche se l’uomo è quasi assente, si percepisce la sua presenza attraverso le opere realizzate. Questa raccolta di immagini ha sicuramente diverse attinenze con la murgia materana ed un valore universale innegabile ma esprime tutta la sua forza se riferita al territorio di cui fanno parte, la vicina Puglia. Bisognerebbe inoltre fare una indagine per capire come sia cambiato il territorio in questi ultimi 25 anni per poterne apprezzare meglio i contenuti. Si ritiene sia indubbiamente un patrimonio da conservare e valorizzare sopratutto in relazione ai repentini cambiamenti a cui ci ha abituati la società “moderna”.

Varie (circa il 20% del totale).
Blocco di negativi che riguarda varie località italiane:
zone di mare e di montagna probabilmente mete di vacanze dell’autore, nonché alcune vedute di altre città tra cui Venezia, Firenze e la zona archeologica di Roma. Presenti anche alcuni eventi di difficile interpretazione, alcune partite di tennis, mostre varie di pittura e scultura, riproduzione di quadri, nonché altri posti non identificabili.

CONCLUSIONI
Quantificare decenni di lavoro è come misurarsi con una vita. Dal punto di vista economico è francamente compito arduo, se non impossibile. La qualità dei materiali presi in esame è fuori discussione ma, le emozioni, gli intimi sentimenti che ha vissuto Augusto Viggiano, non possono subire la compressione numerica di un calcolo freddamente ragionieristico. Si possono cogliere aspetti che emergono dal suo lavoro appartenenti alla sfera dell’immateriale e, per forza di cose, il discorso deve essere ampliato ad altre dimensioni. Normalmente è possibile distinguere vari aspetti discorsivi anche quando bisogna occuparsi di fotografia. In questo caso, se i discorsi vengono ricondotti al lavoro di Augusto Viaggiano, emergono due evidenti processi, non certo casuali. Il primo, il più evidente, potrebbe partire immediatamente dall’immagine e, di conseguenza, provocare la parola di chi osserva. Questo processo verbale può andare bene a una prima lettura ma, nel suo modo di esprimersi più autentico, il senso di marcia corretto procede al contrario. Il fondamento è un altro. Credo che ogni singola immagine di Viggiano proceda sempre dalla parola all’immagine. La fotografia è una narrazione in sequenza che segue il monologo interiore di chi le ha catturate, volta per volta.
Il suo primo lavoro, decisivo per la formazione futura, emerge continuamente. Anni trascorsi a dirigere una biblioteca lo hanno naturalmente portato a raccontare i luoghi, i volti, gli oggetti. Sempre con l’intenzione di proporre situazioni capaci di risvegliare nel procedere di ogni fotogramma narrato, il ricordo, la memoria di altre storie ancora. E non è forse il ricordo, come diceva Walter Benjiamin che “crea la rete che tutte le storie finiscono per formare tra loro”? Una si lega all’altra, i grandi narratori lo sanno e Viggiano ha saputo raccontare bene, lasciando un’ orma profonda fatta di passione e luce in tutti i suoi racconti.

Tratto dalla stima fotografica dell’Archivio di Augusto Viggiano di Michele Morelli - Matera, 2017.
Dato l’esteso arco temporale afferente al materiale fotografico dell’archivio di Augusto Viggiano, pubblicato sul presente sito, nonché la variegata casistica dei luoghi e dei personaggi ritratti dall’autore, non è stato possibile in alcuni casi procedere ad una loro identificazione certa. Ci scusiamo per eventuali mancanze, ovvero inesattezze che potrebbero evidenziarsi da parte di chi fosse in grado di riconoscere i soggetti e le località raffigurati, così come laddove le annotazioni originali apposte dall’autore, da noi puntualmente riportate, dovessero risultare errate.
In presenza di eventuali segnalazioni e/o rettifiche fornite, dalla comprovata e verificabile esattezza, sarà possibile procedere alla loro pubblicazione, così da concorrere a migliorare la corretta fruibilità dei contenuti pubblicati.
Archivio fotografico di Augusto Viggiano - Negativi bianco/nero
Archivio fotografico di Augusto Viggiano - Diapositive a colori
Anni di realizzazione 1991 - 1995
Anni di realizzazione 1976 - 1991
Anni di realizzazione 1976 - 1979
Anni di realizzazione 1976 - 2001
Anni di realizzazione 1976-2001
Anno di realizzazione 2001
UN APPROCCIO METODOLOGICO PER RILANCIARE E VALORIZZARE IL RUOLO DELLA CULTURA: LA LEZIONE DI AUGUSTO VIGGIANO

“…Abbiamo un debito con il nostro passato…”
La citazione dal colto discorso del maestro Riccardo Muti rende alla perfezione l’ineguagliabile ed immenso valore del patrimonio storico, culturale e paesaggistico del nostro Paese, ed al tempo stesso la necessità di curare e preservare tale importante eredità.
Il ruolo della cultura è proprio questo; e tutto ciò avviene attraverso la conoscenza dell’ ambiente, del territorio, del paesaggio, dei beni culturali: acquisire la coscienza del loro valore, della loro unicità, così da poterli gestire.
Sulla scorta delle esperienze istituzionali emiliano - romagnole maturate negli anni ’70, che avevano teorizzato il principio della conservazione e della tutela dei centri storici, quale presupposto per la loro salvaguardia e per il conseguente restauro, Augusto Viggiano, quale fotografo professionista, prese parte alle campagne fotografiche di documentazione, censimento e catalogazione dei beni culturali dei territori, avviate dagli Enti e dalle Soprintendenze locali. La precedente attività di bibliotecario gli fornì il background per mettere in atto con scrupolo e rigore quasi scientifico una metodologia di lavoro che all'attività professionale strettamente intesa, affiancava la ricerca sui temi e i soggetti che lo interessavano, spesso in connubio con storici dell’arte - Bruno Zevi, ricercatori di discipline antropologiche - Enzo Spera, Ferdinando Mirizzi, sociologi del territorio - Aldo Musacchio.
L’immenso lavoro di documentazione dei Sassi, oltre che per l’intrinseco valore documentaristico, si arricchisce della sua chiave interpretativa, volta a prendere in esame tutto nella sua unitarietà, anche ciò che potrebbe apparire frammentario o scollegato, per suggerire tramite la ricerca foto-documentaria connessioni tra eventi, oggetti e segni, che parlano degli uomini e del loro rapporto con il territorio.
Si aggiungano le iniziative editoriali da lui personalmente curate, la passione per la Fotografia che ha segnato tutta la sua vita; tutto deve indurci a non tralasciare la lezione di Augusto Viggiano, la sua capacità di lettura e d’interpretazione del passato, ma al contrario farne una chiave di lettura del possibile ruolo che la cultura può assumere nel contesto dei beni territoriali, per coniugare la consapevolezza del loro valore con una progettualità culturalmente creativa, in grado di educare, suggerire, reinventare.
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